Fed alza i tassi di 50 punti al 4,25%-4,50%, e preannuncia una stretta più lunga

Fed alza i tassi di 50 punti al 4,25%-4,50%, e preannuncia una stretta più lunga

Fed alza i tassi di 50 punti al 4,25%-4,50%, e preannuncia una stretta più lunga


Una stretta più graduale, ma più lunga. Il Federal Open Market Committee (Fomc), l’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti, ha annunciato un aumento dei tassi d’interesse di 50 punti base al 4,25-4,5%, il livello più alto in 15 anni. Si tratta del settimo rialzo dei tassi consecutivo. Prima di quest’anno, la Fed non aveva mai alzato i tassi, al termine di una riunione, di oltre 25 punti base in 22 anni. Nel 2022, lo ha fatto cinque volte, con quattro rialzi di 75 punti base e questo di 50 punti che segna un rallentamento, ma prepara l’avvio di una nuova fase, caratterizzata da una stretta dalla durata più lunga di quanto previsto finora, e un tasso terminale più elevato.

I “dots”, le previsioni dei singoli governatori sul futuro andamento dei tassi, appaiono in linea con quanto aveva anticipato il presidente della Fed Jerome Powell. La mediana delle proiezioni indica per fine ’23 un tasso sui Fed funds del 5-5,25%, quindi 75 punti base in più rispetto al livello attuale, contro il 4,5-4,75% annunciato a settembre. Per fine ’24, la mediana punta al 4-4,25%, contro il precedente 3,75-4%, e per fine ’25 il 3-3,25% dal precedente 2,75-3% cento. Invariato al 2,5% il tasso di lungo periodo, che rappresenta una misura – inevitabilmente approssimata e imprecisa – del tasso neutrale: nel ’25 i tassi saranno ancora a un livello più alto.

Il presidente ha confermato anche in conferenza stampa che ora «è molto più importante pesare a qual è il livello ultimo dei tassi, e poi, a un certo punto, la questione diventerà quanto a lungo resteremo con un orientamento restrittivo». Powell ha inoltre sottolineato che le indicazioni sui tassi futuri potrebbero essere corrette anche verso l’alto, nel corso del ’23, se risultasse necessario: i governatori ritengono che i rischi sull’inflazione restino orientati al rialzo. La politica monetaria continuerà a essere svolta «meeting by meeting», sulla base della «totalità» dei dati macroeconomici disponibili.

Le proiezioni macroeconomiche giustificano una stretta più lunga e un tasso terminale più elevato: indicano, rispetto a settembre e tenendo conto delle nuove indicazioni sul costo del credito, un’inflazione leggermente più elevata e una a crescita decisamente più lenta, almeno nel breve periodo. I prezzi potrebbero salire del 3,1% l’anno prossimo (dal 2,8%), del 2,5% nel 2024 (dal 2,3%), e del 2,1 nel 2025 (dal 2%). Le recenti flessioni dell’inflazione non sono risolutive: «Saranno necessario molte più prove per poter dire con fiducia che l’inflazione è su un percorso sostenibile verso il basso», ha detto Powell in conferenza stampa. Le aspettative, in ogni caso, sono giudicate «ancorate» dalla Fed.

La crescita risentirà di questa stretta prolungata: 0,5% l’anno prossimo, in deciso calo dall’1,2% indicato a settembre; 1,6% nel ’24, dall’1,7%; e 1,8% (invariato) nel 2025, un livello che coincide con la crescita di lungo periodo, in un certo senso l’obiettivo implicito della politica monetaria. La Fed quindi stima – ed evidentemente spera – una frenata non troppo lunga dell’economia che possa raffreddare i prezzi e un ritorno relativamente rapido all’equilibrio. Le più pessimistiche tra le indicazioni dei singoli governatori, non escludono però una recessione l’anno prossimo: -0,5% (era il -0,3% a settembre) la proiezione meno favorevole. «Non penso che qualcuno sappia se avremo una recessione o no – ha però detto Powell, escludendo che un soft landing sia ora irraggiungibile – e, se qualcuno lo sa, se sarà profonda o no. Non è conoscibile».



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